Titolo: La sarta di Dachau
Titolo originale: The Dressmaker of Dachau
Autore: Mary Chamberlain
Editore: Garzanti
Pagine: 320
Traduzione: A. Mantovani
Prezzo di copertina (rigida): 16,90 €
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Londra, 1939. Ada Vaughan non ha ancora compiuto diciotto anni quando capisce che basta un sogno per disegnare il proprio destino. E il suo è quello di diventare una sarta famosa, aprire una casa di moda, realizzare abiti per le donne più eleganti della sua città. Ha da poco cominciato a lavorare presso una sartoria in Dover Street, e la vita sembra sorriderle. Un viaggio imprevisto a Parigi le fa toccare con mano i confini del suo sogno: stoffe preziose, tagli raffinati, ricami dorati. Ma la guerra allunga la sua ombra senza pietà. Ada è intrappolata in Francia, senza la possibilità di ritornare a casa. Senza soldi, senza un rifugio, Ada non ha colpe, se non quella di trovarsi nel posto sbagliato. Ma i soldati nazisti non si fermano davanti a niente. Si aggrappa all'unica cosa che le rimane, il suo sogno. L'unica cosa che la tiene in vita. La sua abilità con ago e filo le permette di lavorare per la moglie del comandante del campo. Gli abiti prodotti da Ada nei lunghi anni di prigionia sono sempre più ricercati, nonostante le ristrettezze belliche. La sua fama travalica le mura di Dachau e arriva fino alle più alte gerarchie naziste.
Mary Chamberlain affronta un argomento già trattato in un'infinità di modi. Ed è giusto così, perché di certi argomenti bisognerebbe sempre parlare. Il modo in cui lo fa quest'autrice, però, è originale, diverso dal solito. Vediamo la guerra dal punto di vista di una ragazza giovane, una sarta, con un sogno nel cassetto. Ada Vaughan si aggrappa a questo sogno con forza, cucire è l'unica cosa che la mantiene in vita mentre è prigioniera presso dei comandanti tedeschi.
Comincio, come al solito, con le note negative, che sono davvero poche.
La protagonista ci si presenta inizialmente come una ragazzina sciocca, egoista e superficiale, che crede al primo uomo che passa e si fa trascinare da lui lontano da casa, nel bel mezzo della guerra. Ma non è stato questo ad irritarmi. L'ho trovata odiosa soprattutto quando, anche nei momenti in cui la gravità della situazione la colpiva in faccia, si ostinava a comportarsi come se la guerra fosse meno importante di un rossetto. Approfondirò la mia opinione su Ada nella sezione con spoiler :)
L'unica altra nota dolente sono forse alcuni brani un po' lenti, dove l'autrice si è soffermata troppo su dettagli che secondo me non hanno aggiunto nulla al romanzo. In ogni caso sono pochissimi.
Lo stile invece mi è piaciuto molto. Forse non particolarmente appassionante, ma semplice e diretto. L'ho trovato perfetto per un tipo di storia come questa.
Ci sono un paio di colpi di scena, due o tre in particolare molto belli, in cui ci imbattiamo alla fine. Devo dire che non mi aspettavo proprio una svolta nel genere e sono rimasta piacevolmente sorpresa.
Un'altra cosa che mi è piaciuta molto è il modo in cui viene descritta la guerra dal punto di vista di Ada. Durante la sua prigionia, la sarta non sa nulla di quanto accade all'esterno. Non sa cosa sia davvero la guerra, eppure a causa della sua situazione viene comunque sopraffatta dal dolore e soprattutto dalla paura. Ci sono alcune considerazioni a riguardo molto belle.
Continuo nella sezione con spoiler, per approfondire un po' di più alcuni sviluppi della trama :D
Riprendo subito il discorso sulla protagonista. Come dicevo, inizialmente il suo menefreghismo anche di fronte alle atrocità della guerra mi ha irritata molto. Durante la sua prigionia, invece, è diventata decisamente più simpatica, così come nel periodo immediatamente successivo al suo rientro a Londra. Però, poi... lì incontra uno sconosciuto straniero e cade nella sua trappola, proprio come le era successo sei anni prima. Anzi, è molto peggio, perché stavolta è un'adulta, è sopravvissuta ad una guerra. Non ha imparato la lezione?
Invece mi è piaciuto molto il modo in cui si è aggrappata al suo sogno di aprire un atelier e a quello di salvare una persona, di cui non vi parlerò per non rovinarvi eccessivamente la lettura. Durante la parte finale del romanzo viene processata (anche qui non vi racconterò il motivo) e sappiate che mi è piaciuto molto come Ada ha parlato della sua guerra in questa occasione.
Il finale è perfetto, amaro, triste e realistico, come tutta l'opera. Ed è giusto che sia così, perché in certe situazioni il lieto fine non esiste, ed è bene ricordarselo.
Comincio, come al solito, con le note negative, che sono davvero poche.
La protagonista ci si presenta inizialmente come una ragazzina sciocca, egoista e superficiale, che crede al primo uomo che passa e si fa trascinare da lui lontano da casa, nel bel mezzo della guerra. Ma non è stato questo ad irritarmi. L'ho trovata odiosa soprattutto quando, anche nei momenti in cui la gravità della situazione la colpiva in faccia, si ostinava a comportarsi come se la guerra fosse meno importante di un rossetto. Approfondirò la mia opinione su Ada nella sezione con spoiler :)
L'unica altra nota dolente sono forse alcuni brani un po' lenti, dove l'autrice si è soffermata troppo su dettagli che secondo me non hanno aggiunto nulla al romanzo. In ogni caso sono pochissimi.
Lo stile invece mi è piaciuto molto. Forse non particolarmente appassionante, ma semplice e diretto. L'ho trovato perfetto per un tipo di storia come questa.
Ci sono un paio di colpi di scena, due o tre in particolare molto belli, in cui ci imbattiamo alla fine. Devo dire che non mi aspettavo proprio una svolta nel genere e sono rimasta piacevolmente sorpresa.
Un'altra cosa che mi è piaciuta molto è il modo in cui viene descritta la guerra dal punto di vista di Ada. Durante la sua prigionia, la sarta non sa nulla di quanto accade all'esterno. Non sa cosa sia davvero la guerra, eppure a causa della sua situazione viene comunque sopraffatta dal dolore e soprattutto dalla paura. Ci sono alcune considerazioni a riguardo molto belle.
Continuo nella sezione con spoiler, per approfondire un po' di più alcuni sviluppi della trama :D
Riprendo subito il discorso sulla protagonista. Come dicevo, inizialmente il suo menefreghismo anche di fronte alle atrocità della guerra mi ha irritata molto. Durante la sua prigionia, invece, è diventata decisamente più simpatica, così come nel periodo immediatamente successivo al suo rientro a Londra. Però, poi... lì incontra uno sconosciuto straniero e cade nella sua trappola, proprio come le era successo sei anni prima. Anzi, è molto peggio, perché stavolta è un'adulta, è sopravvissuta ad una guerra. Non ha imparato la lezione?
Invece mi è piaciuto molto il modo in cui si è aggrappata al suo sogno di aprire un atelier e a quello di salvare una persona, di cui non vi parlerò per non rovinarvi eccessivamente la lettura. Durante la parte finale del romanzo viene processata (anche qui non vi racconterò il motivo) e sappiate che mi è piaciuto molto come Ada ha parlato della sua guerra in questa occasione.
Il finale è perfetto, amaro, triste e realistico, come tutta l'opera. Ed è giusto che sia così, perché in certe situazioni il lieto fine non esiste, ed è bene ricordarselo.
Ho letto solo la prima parte della recensione! Da come scrivi, la protagonista è proprio una di quelle che non sopporto :D 4 stelle però, ho ancora più voglia di leggerlo!
RispondiEliminaE' una ragazza irritante ma solo per via della personalità, non per come è descritta ^_^ buona lettura! :D
EliminaNiente da fare, i libri della garzanti non mi ispirano xD
RispondiEliminaPrima o poi ti farò cambiare idea!:P
EliminaQuesto libro mi ispira molto, spero di recuperarlo prima o poi =)
RispondiEliminaSono sicura che piacerà molto anche a te *_*
EliminaAlloraaaaaa! ho saltato la parte con gli spoiler, perchè ho iniziato il libro proprio oggi e non vorrei rovinarmi la sorpresa :))) Per ora sembra interessante e come giustamente hai sottolineato, un libro con un punto di vista diverso dal solito ;9 ciao Maria
RispondiEliminaCiao, Maria ^_^
EliminaSono certa ti piacerà! Buona lettura :D