Usò entrambe le mani. Le fece correre su uno scaffale dopo l'altro. E scoppiò a ridere. [...] passò vari minuti ad andare con lo sguardo dagli scaffali alle proprie dita. Quanti libri aveva toccato? Quanti ne aveva sentiti? [...] Era come una magia, come la bellezza. {M.Z.}

martedì 26 giugno 2018

La mia intervista ad André Aciman, autore di "Chiamami col tuo nome"


Ieri, in occasione della conferenza stampa per l'evento di stasera del Festival Letterature di Roma, ho avuto la possibilità di incontrare e intervistare André Aciman, autore del romanzo Chiamami col tuo nome. Un libro che, come saprete se avete letto la mia recensione, ho amato davvero molto.
Ringrazio la mia amica Alice Giro per il supporto e per aver fatto con me qualche domanda.

André Aciman è nato nel 1951 ad Alessandria d'Egitto, ma ha viaggiato molto nella sua vita. Attualmente vive negli Stati Uniti, dove insegna letteratura comparata alla City University di New York, ma ha vissuto anche a Parigi e a Roma, infatti parla molto bene l'italiano. In Italia i suoi romanzi sono pubblicati da Guanda.

Si è dimostrato molto disponibile e amichevole, infatti alla fine si è trattato quasi di una piacevole chiacchierata piuttosto che di un'intervista. Quelle che leggerete sono le sue parole riportate il più fedelmente possibile da una registrazione audio. Spero che come me possiate trovare le sue risposte interessanti!



LPS: Iniziamo con le sue abitudini da autore. Qual è il suo posto preferito in cui scrivere, se ne ha uno?
AA: C'è il mio studio, a casa. È una camera devota completamente a me, con i miei libri e la mia scrivania. Mi metto lì con il computer, e scrivo, finché non mi stanco e vado in sala da pranzo a mangiare... io mangio sempre!

LPS: Condivide le bozze con qualcuno, una volta terminata la prima stesura di un libro?
AA: L'editore. Altrimenti tutti mi danno dei pareri e finisce male.

LPS: A quante storie lavora contemporaneamente?
AA: Dipende. Se sto scrivendo un romanzo e mi viene chiesto di fare un articolo per un viaggio, metto da parte il romanzo, ma continuo a scriverlo nella mia testa, e l'articolo lo faccio lo stesso. A volte faccio tre cose allo stesso tempo, cosa che mi fa impazzire, ovviamente. Non mi piace.

LPS: Per lei scrivere è più un modo di parlare di sé e di indagare quello che è stata la sua vita, o è un modo per sperimentare qualcosa di nuovo?
AA: Diciamo che è il miglior modo, il modo più innocuo, di mettermi un po' da parte, di esplorare la persona che sarei potuto essere e che forse sarò, ancora non si sa. È un avvicinamento con una persona idealizzata, una voce idealizzata, che sa fare certe cose che io non saprei fare. Qualcuno che può consentire a se stesso certi sentimenti che io non ho mai provato, ma comunque sentimenti che capisco, perché sono molti vicini a me, ma non sono proprio miei.

LPS: C'è una parte che preferisce della fase di scrittura?
AA: Rileggere quello che ho scritto la sera prima, è la cosa che mi piace di più perché è la più facile da fare. Si corregge, si cambia il tono, a volte si ricomincia da capo e si riscrive tutto. Mi piace farlo perché così non devo pensare alla storia. La cosa più difficile, per me, è raccontare una trama, inventare una trama. Non sono capace!
LPS: Quindi questa, invece, è la cosa che preferisce di meno?
AA: Sì, la trama. “Dunque, che fanno adesso questi due? Eh, non lo so, vanno in bicicletta o no?”.

LPS: Parlando di Chiamami col tuo nome, è sempre stato nei piani di ambientarlo in Italia e di concluderlo in quel modo, con quel finale aperto?
AA: No, non sapevo che l'ambientazione sarebbe stata quella, perché all'inizio non esisteva. Poi, man mano, l'Italia è diventata proprio il personaggio principale, perché è il primo ad apparire. E non avevo la minima idea di come sarebbe andata a finire, anzi, scrivendo non sapevo neanche se lo avrei terminato. Era una cosa che facevo quasi per sfizio.

LPS: Sappiamo poco della storia di Oliver, nel romanzo getta qualche indizio ma non dice mai nulla di concreto. È stata una scelta consapevole? Voleva che ogni lettore potesse costruirsi la propria versione?
AA: Ho lasciato campo libero per il lettore. Il fatto è che io Oliver non l'ho mai capito, è un personaggio che mi è sempre sfuggito, è per questo che Elio ne è attratto.

LPS: C'è possibilità che in futuro ambienti in Italia un altro dei suoi romanzi?
AA: L'ho già fatto, con un libro che si chiama Variazioni su un tema originale. In futuro, chi lo sa... Chi lo sa se ci sarà un seguito di Chiamami col tuo nome... ancora non lo so. L'affare del seguito è uscito fuori da non so dove, e adesso tutti ne parlano, e mi fanno delle domande. Ma io non lo so!
LPS: E per quanto riguarda un altro romanzo, completamente scollegato da Chiamami col tuo nome?
AA: Forse, mi piacerebbe tanto. Dal momento in cui nel mio immaginario mi inserisco in Italia, tutti i miei sensi sono all'erta.

LPS: Qual è la cosa più emozionante che le è capitata grazie alla sua carriera di scrittore?
AA: Questa, il fatto che c'è stato un film tratto da un mio romanzo, e che mi ha fatto rimbalzare in un modo speciale e molto importante. Il fatto che voi siete qui, non sarebbe successo dieci anni fa, quando è apparso il libro per la prima volta.
LPS: Con il film, infatti, il libro è stato conosciuto molto di più anche all'estero.
AA: Sì, dappertutto. Non posso che esserne soddisfatto!

LPS: C'è uno scrittore contemporaneo...
AA: No, nessuno. [ridendo]
LPS: ...al quale guarda con ammirazione? E c'è un libro che ama e che rilegge spesso?
AA: Sì, ci sono libri che rileggo spesso, però non sembrano avere un rapporto con quello che scrivo. L'ultimo scrittore che ho veramente apprezzato e stimato molto è un tedesco che ha scritto un romanzo che si chiama Austerlitz [in Italia è edito Adelphi → info]. Lì veramente si tratta di roba seria.

LPS: Tra le cose che ha scritto, si è mai pentito di qualche decisione letteraria che ha preso? Ha mai voluto tornare indietro e cambiarla?
AA: No, mai.
LPS: E invece c'è un passaggio di cui è particolarmente orgoglioso?
AA: Sì, ce ne sono molti che sono felice di aver scritto. Ce ne sono certi che la gente conosce molto bene, per esempio il discorso del padre, o la scena dell'incontro dove i due ragazzi si confessano l'uno all'altro, più o meno... quella in cui dicono che si amano e che si desiderano [in Chiamami col tuo nome]. Ma ci sono anche altre scene in altri libri che sono molto contento di aver scritto, che sono fiero di aver scritto.
LPS: Ne può scegliere una da Variazioni su un tema originale?
AA: Lì c'è la scena in cui i due amanti, lui e lei, sono in un taxi, e lui vuole dirle che è attratto dagli uomini, ma non sa come fare. Bisognava farlo in maniera molto cauta, con molta delicatezza. C'è un riferimento al poema The Bridge. L'autore è uno scrittore omosessuale, un poeta conosciuto negli Stati Uniti, si chiama Hart Crane.

LPS: L'incipit di Chiamami col tuo nome è molto bello e cattura subito il lettore. C'è un incipit di un libro che ha letto che le piace particolarmente?
AA: L'incipit è molto importante perché, se sai leggere, ti dà subito il senso di che tipo di voce ha uno scrittore. Te lo dice dalla prima frase, e lo puoi giudicare. Un incipit che mi era piaciuto molto è quello di un libro che si intitola Gli emigrati [in Italia è edito Adelphi → info], dove l'incipit sembrava così rilassato, si apriva con una frase lunghissima, e ho pensato “Ah, questo qui scrive bene” e ho proseguito con la seconda frase. “Ah, allora veramente scrive bene, non mi sono sbagliato”. È bella la sensazione di incontrare un'anima che ti sia vicina.

LPS: Ha qualche consiglio da condividere con chi vorrebbe fare lo scrittore?
AA: Sì. È un consiglio che non vale niente, però lo dico perché ci credo: non bisogna mai leggere i contemporanei, bisogna leggere i classici, e più vecchi sono... fino all'antica Grecia... Lì si imparano un sacco di cose.
LPS: E c'è qualcuno che preferisce fra i classici?
AA: Sì, certo. Il mio autore preferito è Tucidide. Con lui veramente si analizza la personalità, la stupidità, la cupidità della gente. Le cose che mi interessano di più, insomma. La gente che non pensa. Gli studi psicologici di Tucidide sono i migliori mai esistiti. Addirittura meglio di Proust, che è il mio preferito.

LPS: A qualcuno che non ha mai letto nessuno dei suoi romanzi, con quale consiglierebbe di iniziare?
AA: Chiamami col tuo nome. Troppo ovvio, ma è il preferito di tutti.



Avete letto Chiamami col tuo nome o qualche altro romanzo di Aciman? Vi sono piaciuti? Lasciatemi i vostri commenti sui suoi libri e su quest'intervista! :)



11 commenti:

  1. Bella intervista, soprattutto la parte generale sulla scrittura mi è piaciuta molto perché, non avendo ancora letto il libro, per il resto non posso commentare.
    Però devo ammettere che come trama mi incuriosisce, mi piacerebbe leggerlo.

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  2. "La cosa più difficile, per me, è raccontare una trama, inventare una trama."
    Ecco, non avevo dubbi XD parlando seriamente, è uno degli aspetti che mi hanno infastidito nel libro.
    Comunque bell'intervista! *-*

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    1. Sai che non sono d'accordo :P anzi uno dei motivi per cui il libro mi piace tanto è proprio perché l'ho trovato intenso e appassionante anche senza molta azione, la psicologia di Elio è tutto e mi è piaciuto da morire *_*
      Grazie <3 :*

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  3. L'intervista è davvero carina e interessante, complimenti! :)
    Il libro non l'ho ancora letto, ma è uno di quei titoli che mi tengo buoni per quando mi sento dell'umore giusto! :)

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    1. Grazie mille! :D
      Allora buona lettura, per quando sarà! ^_^

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  4. che meraviglia! un libro che devo leggere assolutamente, il film l'ho amato!

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    1. Anche io ho amato il film, e credo che anche il libro sia imperdibile! *_*

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  5. Grazie per la tua intervista! La mia curiosità su Tucidide dev'essere soddisfatta prima o poi. Che sia stato tirato in ballo deve avere un significato! Mai avrei pensato che suggerisse "leggi roba più vecchia che puoi".

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    1. Grazie a te! :D
      Sì, in effetti Aciman è una grande amante dei classici! :D

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